L’onnipresenza degli alimenti ultraprocessati nei supermercati e nelle nostre tavole è un fenomeno in crescita esponenziale.
Un nuovo studio italiano, pubblicato di recente sull’American Journal of Clinical Nutrition e realizzato da ricercatori dell’Irccs Istituto Neurologico Mediterraneo Neuromed di Pozzilli, conferma e amplia le evidenze già emerse da ricerche internazionali sul legame tra il consumo eccessivo di questi prodotti e l’aumento della mortalità per cause vascolari.
Lo studio italiano, che ha coinvolto oltre 22mila adulti di età superiore ai 35 anni, monitorati per otto anni nell’ambito dello studio epidemiologico Moli-Sani, ha messo in relazione il consumo di alimenti ultraprocessati con il rischio di morte per tutte le cause, con un focus particolare sulle patologie cardiovascolari. I dati hanno evidenziato un aumento significativo del rischio di mortalità: chi seguiva una dieta in cui almeno un sesto degli alimenti consumati era ultraprocessato presentava un incremento del 26% nel rischio di morte per qualsiasi causa e addirittura del 58% per cause cardiovascolari, rispetto a chi ne faceva un uso sporadico (meno del 6% della dieta).
A firmare questa ricerca vi sono nomi di rilievo nel panorama della nutrizione e dell’epidemiologia italiana: Maria Benedetta Donati, vicepresidente del comitato scientifico Neuromed, e le ricercatrici Maria Laura Bonaccio e Simona Costanzo, entrambe ex beneficiarie della Fondazione Umberto Veronesi.
L’analisi si inserisce nel solco di precedenti studi pubblicati dal British Medical Journal, che avevano già correlato una dieta ricca di alimenti ultraprocessati a un aumento della mortalità cardiovascolare, confermando così la necessità di una maggiore attenzione verso queste abitudini alimentari.
Cosa sono gli alimenti ultraprocessati e perché fanno male
La classificazione Nova, di riferimento internazionale, distingue gli alimenti in quattro categorie a seconda del grado di trasformazione: non trasformati, ingredienti culinari, alimenti trasformati e alimenti ultraprocessati. Questi ultimi sono prodotti industriali caratterizzati da processi fisici, chimici e biologici complessi, che includono l’aggiunta di additivi per stabilizzare e conservare il prodotto finale.
Tra gli ultraprocessati si trovano bevande energetiche, bibite zuccherate, dolci industriali, piatti pronti, hamburger confezionati, patatine fritte e snack vari, tutti ormai diventati parte integrante della dieta quotidiana per motivi di praticità e costo contenuto.
Secondo gli autori dello studio Neuromed, il danno principale alla salute deriva dall’eccessivo apporto di zuccheri semplici aggiunti, che contribuiscono per il 40% all’aumento del rischio di morte, ma giocano un ruolo fondamentale anche i processi di lavorazione industriale che alterano la struttura e la composizione dei nutrienti, riducendo i benefici naturali degli alimenti e favorendo uno stato infiammatorio cronico, alla base di molte patologie acute e croniche.

Allenarsi non basta: l’importanza di una corretta alimentazione (www.alimentazione-salute.it)
Un altro aspetto cruciale emerso dalle ricerche più recenti riguarda l’interazione tra stile di vita attivo e alimentazione. Pur essendo fondamentale l’attività fisica per la prevenzione di numerose malattie e per mantenere un buon stato di salute, l’esercizio fisico non può compensare una dieta scorretta, soprattutto se ricca di alimenti ultraprocessati.
Secondo gli esperti, anche chi si allena regolarmente rischia di compromettere i propri risultati e la propria salute se non presta attenzione alla qualità del cibo. Una dieta sbilanciata, ricca di grassi saturi, zuccheri e cibi pronti, può causare cali di prestazione, stanchezza, perdita di massa muscolare e rallentamento del metabolismo basale, oltre a incrementare il rischio di malattie cardiovascolari e metaboliche.
Licia Iacoviello, a capo del dipartimento di epidemiologia e prevenzione del Neuromed, sottolinea l’importanza di educare soprattutto i giovani, più esposti al consumo di ultraprocessati per praticità e prezzo: «Bisogna incoraggiare il consumo di alimenti freschi o poco lavorati, insegnando a scegliere con consapevolezza fin da quando si diventa autonomi». Piccoli gesti, come dedicare qualche minuto in più alla preparazione di un pasto o preferire un panino fatto in casa a uno snack confezionato, possono fare la differenza.
L’impatto degli alimenti ultraprocessati sulla salute cardiovascolare(www.alimentazione-salute.it)






